Presentazione
Sostenibilità nelle Terre Alte. Antropologia e cultura dei domini collettivi
Ph di E. Bevilacqua
Questo numero di Slowzine è stato realizzato da Slow Food Trentino Alto Adige, associazione di promozione sociale che si impegna a declinare sul territorio i valori e i progetti dell'associazione internazionale Slow Food, attualmente presente in più di 150 paesi del mondo.
Per maggiori informazioni sulle attività di Slow Food Trentino Alto Adige:
slowfoodaltoadige.com
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slowfoodtaas@gmail.com
t. 327 712 1209
Slowzine n. 15 è frutto delle ricerche e delle interviste realizzate da Marta Villa, antropologa del Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell'Università di Trento e Vice Presidente di Slow Food Trentino Alto Adig APS, in collaborazione con Tommaso Martini e la rete delle A.S.U.C. e domini collettivi del Trentino.
Si ringraziano per il prezioso contributo tutti gli autori degli articoli e inoltre Pietro Nervi, docente di Economia e Politica montana e forestale e dal 1995 Presidente del Centro Studi e Documentazione sui Demani civici e le Proprietà collettive dell'Università degli Studi di Trento; Daniele Adami, vicepresidente dell'Associazione provinciale delle A.S.U.C.; Ivo Litterini, membro del Comitato A.S.U.C. di Ballino; Riccardo Casanova e Ilaria Dallagiovanna del Caseificio Turnario di Peio; Selene Signorini e Lara Simonazzi membri del Comitato A.S.U.C. di Rover Carbonare e tutte le donne e gli uomini dei diversi domini collettivi del Trentino incontrati in queste settimane sul loro territorio che hanno saputo narrare l’amore che hanno per il medesimo e l’impegno quotidiano per tramandarlo migliorato alle generazioni future.
​Cari soci e amici,
Comunità, cura, paesaggio, solidarietà, territori di vita: entrando in contatto con il mondo dei domini collettivi è emerso sempre più un lessico famigliare che lega Slow Food a queste realtà, nel nostro Trentino e non solo. Una forma di governance del territorio che è espressione di un modello basato sulla collaborazione e la cooperazione la cui affinità con la visione di Slow Food è molto forte.
Quando Slow Food è nata, ormai quasi quarant’anni fa, l’intuizione di Carlin Petrini voleva rispondere all’invasione della fast life e dei fast food riscoprendo la lentezza con il piacere di stare a tavola in modo conviviale rivalorizzando storia e cultura locali, affermando una nuova gastronomia basata sul cibo buono, pulito e giusto, frutto di una agricoltura sostenibile, rispettosa dell’ambiente e delle persone. Da allora l’associazione ha compiuto un lungo percorso e la nostra Madre Terra è stata sempre più vittima della morsa dell’antropocene.
Nel 1986, anno di fondazione di Slow Food, l’overshoot day mondiale era il 30 ottobre. All’epoca si “rubavano” risorse alle generazioni successive per 60 giorni. Oggi questa drammatica data è anticipata al 27 luglio. Al 13 maggio nel nostro Paese. Slow Food oggi non può esistere senza riflettere su questa dura constatazione. Tutto il nostro impegno è rivolto alle tematiche ambientali: tutela della biodiversità, valorizzazione delle pratiche agroecologiche, diffusione di una consapevolezza del legame tra crisi climatica e sistema di produzione, distribuzione e consumo del cibo. Per dare il proprio contributo alla transizione ecologica in campo alimentare, Slow Food, oggi più che mai costruisce relazioni, favorisce la nascita di comunità. Una maglia fittissima in cui coinvolgere produttori di piccola scala, artigiani, ristoratori con il loro ruolo fondamentale di ambasciatori dei territori, cittadini, scuole e istituzioni. Un lavoro incessante in cui sono coinvolti tutti gli strumenti di cui Slow Food si è dotata in questi decenni. Dall’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo alla Casa Editrice, dalla Fondazione Slow Food per la Biodiversità (che cura progetti fondamentali come i Presìdi e i Cuochi dell’Alleanza) fino alla rete globale di comunità locali che in centocinquanta paesi del mondo coinvolge milioni di attivisti.
Il modello dei domini collettivi è una terza via al possesso del territorio che sfida l’individualismo della proprietà da codice civile napoleonico e la spersonalizzazione burocratizzata della proprietà pubblica, insidiando, grazie all’impegno delle persone intervistate in queste pagine e incontrate in questi mesi, un modello che non è adatto a cogliere le sfide del nostro tempo e affrontare le crisi interconnesse che ci travolgono. Definiscono un paradigma che ha le radici solide in un passato di autogoverno, autonomia e responsabilità ma la visione ben chiara sulla “sfida di un destino comune”. In questa sfida Slow Food vuole essere parte attiva.
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Tommaso Martini