di Michele Nardelli
Abbiamo dedicato l'evento in preparazione di Terra Madre (Torino, 22 – 26 settembre 2022) allo sguardo sugli ecosistemi e, nella fattispecie, al grande tema delle terre alte. Per due giorni il quartiere di San Martino a Trento è stato lo scenario di decine di iniziative, mercati della terra, laboratori, degustazioni, libri, world cafè, musica dal vivo e due momenti di approfondimento: il primo incardinato sulle nuove geografie e l'idea di un forum permanente delle terre alte, il secondo al confronto sulla proposta di “Un green deal per le foreste Dolomitiche”.
Potrebbe sembrare fuori luogo parlare di nuove geografie, di ecosistemi e di Vaia mentre una guerra che ha già esiti globali devasta una parte dell'Europa. Ma non è così. In primo luogo perché in un contesto complesso sarebbe un grave errore affrontare le crisi climatiche, sanitarie, alimentari e belliche come vicende separate. Ne abbiamo parlato nell'ultima edizione di Terra Madre, più di milleduecento occasioni d'incontro realizzate in remoto che ci hanno aiutato a comprendere il tempo in cui viviamo e a riflettere se gli strumenti interpretativi con i quali abbiamo letto il pianeta sono ancora validi o non servano nuovi pensieri.
Uno di questi è certamente quello di pensare per ecosistemi, per comprendere le interdipendenze ma anche le nuove sfide. Sono queste le “nuove geografie”, che non rispondono più ai vecchi stati-nazione bensì alla finanza globale, ai corridoi transnazionali, alle piattaforme a-geografiche che invadono le nostre esistenze.
Molto spesso pensiamo che queste cose siano lontane e sfiorino appena le nostre piccole esistenze, ma se ci pensiamo bene ciascuno di noi si trova giornalmente a dover fare i conti con la gestione dei propri risparmi, oppure con la delocalizzazione di imprese sempre più virtuali, con acquisti on-line o ancora con la realizzazione di infrastrutture sovranazionali ma che impattano con i luoghi dove abitiamo e che spesso vengono assunte non si sa bene da chi. La guerra in Ucraina, inoltre, è entrata nelle nostre case non solo con le tragiche immagini di morte e devastazione ma anche con l'impennata dei prezzi energetici e delle materie prime che ha fatto tornare l'inflazione a doppia cifra.
Per non parlare del nostro habitat, l'ambiente. La crisi climatica, la fusione dei ghiacciai, la mancanza d'acqua, la siccità delle campagne, gli eventi estremi … ci testimoniano di una natura che si ribella al delirio di un genere umano che non sa più darsi limiti. La tragedia che si è consumata a luglio sul ghiacciaio della Marmolada, la devastazione delle foreste dolomitiche causata nell'ottobre del 2018 dal ciclone Vaia, il rinsecchimento dei nostri boschi prodotto del bostrico tipografo (che di Vaia è la conseguenza e che avrà un impatto analogo) non sono che le prime avvisaglie di ciò a cui andremo incontro.
E proprio per questo come Slow Food regionale abbiamo contribuito all'elaborazione di un percorso articolato per la rinascita del patrimonio forestale e della montagna, sul quale aprire un largo confronto in tutta la regione dolomitica.
Ecco perché un movimento che si occupa del cibo (buono, pulito, giusto e per tutti) come Slow Food deve dar senso all'impegno di migliaia di persone impegnate nei presidi, nelle comunità, nelle campagne, nelle mense e nelle osterie ma anche nelle scuole e nei luoghi formativi, indicando l'urgenza di un cambiamento radicale di un modello di sviluppo che si è dimostrato insostenibile.
In questo il cibo diviene uno straordinario caleidoscopio per leggere e comprendere il nostro tempo. Nella tre giorni in Trentino sulle Terre Alte abbiamo ragionato di come le crisi impattano sugli ecosistemi e su come cercare nel breve di attenuarne gli effetti e in prospettiva di invertire la rotta. Continueremo a farlo ogni giorno qui, fra le nostre valli e, attraverso le innumerevoli attività che la chiocciolina svolge in ogni angolo del pianeta, nella nostra Terra Madre.
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