di Tommaso Martini
Sei anni fa Alberto Rania ha lasciato il posto fisso in cartiera per seguire la passione di una vita: la pesca. Fin da bambino amava il lago e negli anni ha imparato a conoscerlo a fondo, studiando le correnti, la profondità dei fondali, i luoghi dove si può pescare la tinca o quelli dove invece è più facile trovare persico o coregoni. Il sogno di poter dedicarsi a questa passione si realizza, abbandonate tirlindana e canna si passa alle reti da posta e Alberto diventa per tutti “el pescador”.
Sceglie un lavoro di fatica e pieno di incertezze ma non tornerebbe mai indietro, racconta con passione e entusiasmo. Può vivere libero, a contatto con la natura, seguendo i ritmi delle stagioni e dei cicli lunari, raccogliendo grandi soddisfazioni e qualche illusione. Con la consapevolezza e la responsabilità di essere rimasto l’ultimo pescatore dell’alto Garda.
Alberto esce con la sua barca all’imbrunire, dopo il tramonto, quando sul Lago di Garda cala finalmente il vento ed è possibile posizionare le reti. Ogni sera in un luogo diverso seguendo una mappa che Alberto si è creato con una vita di esperienza. La pesca avviene nell’arco di cinque o sei chilometri da Riva e Torbole con delle reti da posta selettive che non creano danni all’ecosistema e che catturano solo il pesce della giusta misura. Anche il pesce ha la sua stagionalità. In estate le giornate sono più frenetiche e lunghe e il lago è ricco di coregoni, sardine, lucci, tinche e persico. In inverno invece il lago è meno attivo, alcuni pesci come la tinca sono in letargo. Prima dell’alba, tra le tre e le cinque di mattino, Alberto torna al largo a ritirare le reti, rientra al porto e poi trasferisce il pescato nel suo laboratorio dove inizia a sfilettare e dividere gli ordini della giornata. Gli affezionati clienti lo raggiungono qui ogni giorno. E sono tanti gli abitanti della Busa che quotidianamente possono mettere in tavola il pesce del lago grazie al lavoro di Alberto. La sua attività ha permesso in qualche modo di ricreare quel rapporto tra il lago e la città che era ormai andato perduto insieme all’usanza di pescare e nutrirsi dei frutti del Garda. “El pescador” ha contributo a far rinascere una tradizione che, fino agli anni Sessanta, caratterizzava l’area. Prima del boom del turismo, infatti, l’economia di Riva del Garda e di Torbole si basava principalmente sulla pesca, un modello spazzato via per cedere il passo a lavori che garantivo redditi migliori con meno fatica. E a ciò si aggiunsero nei decenni successivi gravissimi problemi di inquinamento che causarono un tracollo del lago facendo addirittura sparire alcune specie. Per decenni nel Garda era impossibile pescare il luccio o il persico. Poi, lentamente, è cominciata a formarsi una prima coscienza ambientale, sono entrati in funzione i depuratori, e nel Garda sono tornati alcuni salmonidi testimoni che la qualità dell’acqua è migliorata.
Discorso a parte merita il carpione, pesce endemico del Garda la cui esistenze è accertata solo in questo lago. Un pesce che si riproduce in profondità e in pochissimi punti dove si sono create delle particolari condizioni. Gli anziani si ricordano che fino agli anni ’40 era un pesce abbastanza comune seppur da sempre pregiato, pescato solo per esser venduto nelle migliori tavole. Poi la lenta scomparsa, forse causata dalla costruzione delle strade lungo il versante occidentale che hanno cambiato le condizioni ambientali dei luoghi di riproduzione. Sperimentazioni e ricerche per evitarne la scomparsa hanno permesso di renderlo disponibile come pesce di allevamento ma non sono state in grado di mettere al riparo dall’estinzione il carpione selvaggio che oggi è anche un Presidio Slow Food, proprio nell’intento di tutelare i pochi esemplari superstiti.
Ma il pesce preferito da Alberto è la trota di lago, la regina del Garda. Un pesce bellissimo, “furbo” e molto buono, rarissimo tanto che Alberto riesce a pescarne una ventina l’anno e quando succede è una gran festa.
Una pesca rispettosa del lago quella di Alberto, attento a non alterare gli ecosistemi e al contempo valorizzare al massimo quello che offre il Garda nella parte trentina grazie alle forti correnti, alla presenza di plancton, all’assenza di grandi imbarcazioni. Alberto vende tutto in giornata, non congela nulla. Riesce così a offrire un prodotto con carni morbide e saporite, a filiera corta e senza trasformazioni artificiali. Se la quasi totalità dei suoi clienti sono gli abitanti della Busa, Alberto ha mantenuto il contatto con qualche amico ristoratore che ogni tanto scende fino a Riva del Garda per ritirare un po’ di pesce e arricchire i propri menù. E i nomi sono quelli dell’Alleanza Slow Food dei cuochi: Fiorenzo Varesco dell’Osteria Storica Morelli, Riccardo Bosco del Boivin, Paolo Betti del Rifugio Maranza e Sergio Valentini della Locanda delle Tre Chiavi.
Guardando al futuro Alberto è preoccupato perché la pesca sul Garda sta scomparendo. Se “el pescador” è l’unico pescatore della parte trentina, in tutto il lago ormai sono rimasti una sessantina di pescatori e non tutti lo fanno come una professione. E i giovani sono pochissimi da poterli contare sulle dita di una mano. La speranza è che qualche giovane possa scoprire la passione per questa professione così antica ma al contempo così moderna nel suo sbaragliare i ritmi della nostra quotidianità per sposare quelli della natura e delle proprie passioni.
Comments