di Linda Martinello
Si può partire dai monti ed arrivare al mare sulle due ruote? Complice il vantaggio di vivere in Valsugana, territorio con uno sbocco naturale verso la pianura veneta e servito da una ciclabile molto apprezzata, ci siamo posti questo piccolo obiettivo per gli ultimi giorni di primavera.
Linda, lo spirito più avventuroso della coppia, ama le mappe stampate e ben dettagliate, Stefano invece si affida più facilmente agli strumenti tecnologici per una pianificazione “on the go”. Il compromesso è stato studiare a tavolino, per sommi capi, il percorso, ed affidarsi al consiglio di amici o di Google per i tratti non serviti da piste ciclabili; l’esperimento ha funzionato molto bene. Ma partiamo dal principio.
I preparativi sono stati pochi ma decisivi: alle spalle è necessario avere un pochino di allenamento, soprattutto per non maledire il sellino alla fine della giornata, e di spirito di adattamento. Viaggiare con tutto il bagaglio appresso significa puntare davvero all’essenziale, attrezzi di riparazione compresi, quindi ogni comodità che si porta con sé va attentamente soppesata.
Per poter godere dell’esperienza in tutto relax, considerando le nostre forze ma soprattutto la voglia di lasciarci guidare dalla curiosità, abbiamo deciso di spezzare il viaggio in 4 tappe di 50-60 km.
Il primo giorno, da Grigno alle porte di Cittadella; il secondo, da Cittadella a Casale sul Sile attraverso la ciclabile Treviso-Ostiglia (una vecchia ferrovia militare ora adibita a pista ciclabile, bella e ben ombreggiata). Il terzo giorno, da Casale a Cavallino Treporti. Il quarto giorno, immersione totale nella laguna nord, visitando le zone di Lio Piccolo, per poi dirigerci a Punta Sabbioni. Da lì, il rientro a Venezia in battello e poi in treno fino a casa.
Sapevamo che lungo il percorso avremmo trovato alcuni tratti di pista ciclabile: la ciclabile del Brenta fino a Bassano, la Treviso-Ostiglia, il GiraSile. Quello che non ci aspettavamo era che questi fossero abbastanza ben “cuciti” tra loro, in modo da poter permettere una lunga percorrenza senza rischiare di trovarsi a pedalare a fianco di un tir. Ed invece, a parte brevi tratti, è stato davvero così. Gran parte di questi percorsi si trova su fondo asfaltato, ma non sono mancate lunghe ore di pedalate sullo sterrato (con relativa polvere). Ma anche questo fa parte del gioco.
Oltre alla curiosità, ci ha spinti ad intraprendere questa piccola avventura la voglia di sentirci di nuovo liberi di esplorare, con calma, il territorio fuori dalle porte di casa, possibilmente evitando il traffico, oltre alla voglia di incontrare lungo il tragitto qualche amico disperso da tempo. L’idea è stata accolta con simpatia e calore dalle persone che abbiamo visitato.
In questi pochi giorni abbiamo ritrovato il senso dello spostarsi, anche per lunghi tragitti, in sella alle due ruote: attraversiamo paesaggi davvero incredibili, con boschi, torrenti, i dolci pendii della pedemontana veneta (non l’autostrada, ahimè, ma quelle propaggini che dalle Alpi degradano dolcemente, ma a tratti anche decisamente, verso la pianura). Lembi di boschi di risorgiva sopravvissuti alle bonifiche e all’urbanizzazione selvaggia. Stradine di campagna con orti già colmi di verdure (per noi “di montagna” è come fare un balzo avanti di un mese nella stagione agricola). Man mano che ci si avvicina al mare, gabbiani e odore di salso, i carciofi violetti che spuntano qua e là nelle loro file ordinate. E poi, la laguna. Questo impasto di acqua, sale e terra che a volte regala spettacoli e riflessi straordinari, a volte toglie il fiato con i suoi odori penetranti. Piccoli borghi abbandonati ma curati con amore dai pochi abitanti rimasti, vecchie ferrovie oggi percorse da ciclisti, gruppi di pellegrini in abiti medievali che camminano nelle campagne trevigiane, cimiteri di barche e folle chiassose di famigliole che si intrattengono semplicemente godendo del sole e dell’aria fresca.
Nulla come la bicicletta permette di coniugare l’esperienza del territorio ad un ritmo all’occorrenza veloce e lento assieme, sicuramente a misura d’uomo. Parafrasando quanto dice Pileri (P. Pileri, Progettare la lentezza) , è al di sotto dei 20 km orari che il viaggio rimane tale e non diventa puro trasporto, ovvero ci fornisce l’occasione per “abitare quello che attraversiamo” anziché fare delle destinazioni gli unici luoghi vivibili del viaggio.
In conclusione, se non l’avete ancora fatto, vi invitiamo a provare l’emozione di un viaggio su due ruote. Noi non vediamo l’ora di progettare il prossimo!
Linda Martinello
linda.martinello@yahoo.it
Linda Martinello, classe 1984, laureata in Scienze Ambientali, è appassionata di viaggi “zaino in spalla” e di piante spontanee e officinali. Tiene corsi di autoproduzione in giro per il Trentino. E’ presidente dell’Associazione di Promozione Sociale TassoBarbasso, che si occupa di diffondere il tema del turismo sostenibile e del dialogo con le comunità locali attraverso esperienze di esplorazione lenta dei territori.
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