di Michele Nardelli
La vicenda che vado a raccontare non ha avuto a suo tempo la risonanza che avrebbe meritato, forse perché è stata bloccata per tempo, prima cioè che le ruspe e le trivelle di mettessero in azione. Ma se, per una volta, l'intervento preventivo della società civile e delle istituzioni ha impedito lo scempio, sarebbe comunque importante averne consapevolezza e farne tesoro.
A parlarne ora sembrerebbe una pazzia, ma vi assicuro che gli interessi e i potentati in campo erano tutt'altro che trascurabili.
Nel 2008 vennero presentati alla Provincia Autonoma di Trento due progetti molto simili far loro da parte di due diverse cordate imprenditoriali, quella sudtirolese della Eisackwerk e quella della Progetto Altissimo srl che nelle sue fila vedeva presenti il gotha dell'imprenditoria regionale e lombarda.
L'idea, in buona sostanza, era quella di pompare quotidianamente l'acqua del Lago di Garda, attraverso un sistema di gallerie lungo 16 chilometri nel cuore del Monte Baldo fino a 1.600 metri, dove sarebbe stato realizzato un bacino di raccolta che nella versione più impattante avrebbe dovuto raccogliere 1,6 milioni di metri cubi d'acqua, per poi riversarla in condotta forzata nel lago in località Tempesta (non distante da Torbole) con una potenza di turbinamento fino a 1440 megawatt.
Pompare questa enorme quantità d'acqua avrebbe impiegato più energia di quella prodotta nel rilascio a valle, ma la differenza l'avrebbe fatta il valore altalenante della corrente, pompando quando l'energia costava meno e rilasciandola nelle ore in cui la domanda era maggiore e il prezzo di mercato dell'energia era più elevato. Insomma, un progetto di natura commerciale, che con l'energia sostenibile non centrava proprio nulla.
Eppure i proponenti parlavano di sostenibilità. L'impatto sarebbe stato tremendo. Sedici chilometri di gallerie per 11 metri di diametro, cui si aggiungevano altri cinque chilometri di tunnel di penetrazione e cunicoli in una montagna considerata sito naturale di interesse comunitario, corrispondevano ad un totale variabile fra i 3 e i 4 milioni di metri cubi di roccia da asportare. Almeno 8 falde acquifere sarebbero state interessate, con annesse sorgenti di valore storico e ambientale. Per non parlare degli effetti sul delicato ecosistema del Lago di Garda. Un enorme cantiere nella zona di Mala e nella Busa del Parol. Nonché cinque anni di lavori impattanti in un'area turistica di particolare pregio.
I progetti erano negli uffici provinciali per l'iter di esame, l'azione lobbistica per catturare il consenso verso l'opera in corso. Ma l'iniziativa delle associazioni ambientaliste dell'Alto Garda, la preoccupazione delle istituzioni locali per l'impatto sui loro territori, l'attenzione di una parte della stampa locale non rimasero isolate.
Con un ordine del giorno presentato in Consiglio Provinciale da chi scrive (allora consigliere provinciale e membro della Commissione urbanistica e ambiente) e del presidente della Terza Commissione Roberto Bombarda, vincolammo la Provincia ad evitare che in Trentino venisse consentita la costruzione di bacini artificiali di accumulo in quota in contrasto con il rispetto del patrimonio ambientale e naturalistico locale. Fu il colpo di grazia e poche settimane dopo con delibera della Giunta provinciale i due progetti vennero respinti.
Da allora sono passati più di tredici anni. C'è da chiedersi che cosa sarebbe accaduto se fosse stato dato il via libera a quella folle idea. Periodicamente il Lago di Garda, uno dei più importanti ecosistemi dell'arco alpino, è sottoposto a varie forme di aggressione da parte di quegli stessi interessi che non hanno mai smesso di guardare all'ambiente non come un bene comune da salvaguardare e da riconsegnare alle generazioni future ma come un'occasione di profitto privato.
Le storie del lago da raccontare sarebbero innumerevoli, spesso nascoste nei suoi 346 metri di profondità, anche in relazione al fatto che questo sistema unitario e complesso è regolato da legislazioni diverse a seconda delle Regioni di riferimento. O sottoposto a servitù militari mai scritte ma in vigore di fatto, come quando nel 1999 vennero scaricate nel lago dagli aerei della Nato di ritorno dai bombardamenti nei Balcani un numero imprecisato di bombe “arricchite” da uranio impoverito.
Eppure, malgrado tutto, il Lago di Garda continua a rappresentare quello straordinario ecosistema che ha affascinato e continua ad affascinare scrittori e poeti, che muove i venti ed il corso delle stagioni, alimentando un grande patrimonio di biodiversità che siamo chiamati a rispettare e tutelare. Quel lago che, oltre i confini dell'uomo, ci accomuna e ci mette in relazione.
E' a questo che pensiamo quando parliamo della Slow Food degli ecosistemi.
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